L’umiliante naufragio del centro-destra, accaduto al termine di una spericolata e innaturale navigazione sulle acque disgraziate e vorticose, nelle quali l’errore liberalista incontra la frottola esoterica, pone il problema di disegnare la figura di un partito politico all’altezza di quella tradizione cattolica che ha costituito il nobile fondamento della vita e della cultura italiana.
Per uscire dall’impotenza rovinosa, fatta cadere nella vita degli italiani da politicanti ora abbagliati/intossicati dalle illusioni intorno ai conciliabili errori dei moderni, ora storditi e depistati da tradizioni inquinate da fiabe bancarie e da oscene licenze, occorre pensare e progettare, con impavido rigore intellettuale, un progetto politico non inquinato da suggestioni oniriche.
Il timore del “si dice“, la capitolazione alle cangianti sentenze del giornalismo in livrea, il rispetto dei pensieri squillanti nel bar, devono cedere il passo a un coraggio mai oscillante, sempre proporzionato alla gravità del pericolo incombente e refrattario alla frivolezza dei rimedi finora messi in atto dalla politica politicante.
La decadenza italiana, leggibile nel numero dei miscredenti e degli eretici inconsapevoli, nei dati sulla denatalità, nelle statistiche sugli esiti catastrofici dei matrimoni, sull’incremento delle tossicodipendenze e dei suicidi da fallimento, non tollera l’esercizio del pensiero dimezzato e smidollato dalla falsa e ingannevole moderazione, che è predicata dai pulpiti della teologia aggiornata da Eugenio Scalfari, e dalle nicchie del liberal-conservatorismo di matrice viennese.
Ora l’intervento di Paolo Pasqualucci nella disputa intorno alle rovine seminate dalla destra inautentica e velleitaria, è proporzionato (fin dal titolo del saggio, edito in questi giorni da Marco Solfanelli: “Per una carta del partito cattolico”) alla serietà dei problemi, che hanno turbato i c. d. conservatori italiani, prima di spingerli nella fossa del liberalismo e del libertinismo conclamato.
Il più serio dei problemi emergenti dalle macerie a destra, d’altra parte, è costituito dall’illusione intorno alla radunata in un solo partito di ideologie e teologie fra loro incompatibili. Si tratta della chimera sincretista, che contempla la surreale immaginazione dell’unità di marciatori discordi, in cammino verso opposti e incompatibili traguardi, Sodoma e l’Eremo francescano della carceri.
Il rigore dottrinale di Pasqualucci può e deve essere condiviso da quanti capiscono infine che la via del pensiero intransigente è tanto aspra e difficile quanto priva di alternative non fallimentari e non ridicole.
Il problema del quale Pasqualucci propone la soluzione non è la ricostruzione della perdente destra laica, non la rielaborazione in modo nuovo del passato missino o di un centro destra dei cattolici moderati depurato delle sue tradizionali ambiguità, ma la fondazione di una destra cattolica, anzi cattolica e nazionale.
Opportunamente Pasqualucci sottolinea che tale destra “si iscriverebbe solo parzialmente nella destra post-fascista, dato che nel Msi la componente strettamente cattolica costituiva solo una parte del movimento e nemmeno tanto ampia”.
Il partito, di cui Pasqualucci disegna un’essenziale e ideale figura, si dovrebbe rivolgere alla maggioranza degli italiani che “non sanno più per chi votare, non trovando nelle forze superstiti di centro-destra una difesa anche parziale di certi fondamentali valori cattolici, che anzi ora vengono da quelle forze ignobilmente traditi”.
L’intenzione di Pasqualucci – ovviamente – non è fondare e gestire dall’oggi al domani un partito politico, ma indicare con chiarezza i princìpi che devono guidare l’attività intesa alla formazione di una nuova classe politica capace di condurre un’azione seriamente intesa ad affrontare e risolvere gli angoscianti problemi generati dall’influsso (nella cultura democristiana e in quella delle destre) delle filosofie e delle mitologie anti-cristiane.
Pasqualucci, pur rammentando che i valori fondamentali del cattolicesimo non sono come tali né di destra né di sinistra, ammette che un partito cattolico può essere di destra: “Certamente se la famosa triade Dio, Patria e Famiglia, deve a ben vedere costituire la tavola dei valori fondamentali di un partito veramente cattolico. Si tratta di una triade che, nell’uso tradizionale, è sempre stata considerata di destra e mai di sinistra”.
A ragion veduta Pasqualucci afferma che il partito cattolico “sarà un partito legalitario, perché operante nell’ambito dell’ordinamento esistente, che tuttavia si propone di modificare e riformare in tutto ciò che non sia compatibile con il cattolicesimo e in tutto ciò che appaia superato e ingiusto, da un punto di vista politico, inteso in senso largo”.
La proposta di Pasqualucci disegna un movimento politico finalizzato all’attuazione di un programma arduo ma non irrealistico, ossia paragonabile a quello che il venerabile Pio XII aveva proposto alla refrattaria Dc, l’indocile partito fondato da Alcide De Gasperi nel solco equivoco tracciato dall’umanesimo integrale di Jacques Maritain .
Il saggio di Pasqualucci, in quanto disegna puntualmente la figura di una destra cattolica e nazionale, immune dalle suggestioni del liberalismo, è specialmente raccomandato quale precisa indicazione della via d’uscita dalle strettoie anacronistiche, in cui stazionano i teorici di una tradizione più antica e più vasta della tradizione biblica e gli astratti reazionari, catturati dai sognati/incapacitanti progetti di restaurazioni asburgiche e/o borboniche.
Piero Vassallo
http://www.riscossacristiana.it/per-una-carta-del-partito-cattolico-saggio-di-paolo-pasqualucci-di-piero-vassallo/
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